Jean Paul Fitoussi.
TITOLO:Regole certe e vera concorrenza una nuova etica per le imprese
SOMMARIO:
Sono necessari interventi concreti.
Del resto questa è una costante del capitalismo: appena caccia lo Stato dalla porta crea subito ampie finestre affinché rientri.
In questa fase ci sono due novità Primo, le grandi società cercano di costituirsi in monopolio, crescendo a scapito dell' innovazione Poi, per rimediare truccano i bilanci
AUTORE: JEAN-PAUL FITOUSSI
TESTO:
In un recente articolo, Alain Minc ci espone le sue riflessioni sul funzionamento e sul futuro del capitalismo. L' attuale disorientamento dei mercati finanziari, e più ancora di chi ci ha rimesso le penne, non è una caratteristica nuova del sistema. Non stiamo vivendo – ci dice in sostanza l' autore – gli ultimi soprassalti del capitalismo, bensì i prodromi del suo ennesimo, nuovo inizio. Non so quali sorprese ci riserverà il mondo in questo XXI secolo, ma non ho mai gradito le profezie delle varie Cassandre. Vada dunque per l' ipotesi, probabile, della semplice mutazione. Può darsi però che non abbiamo ancora toccato il fondo delle aberrazioni del sistema, «tant' è vero che, in determinate epoche, si è costretti ripercorrere tutto il circuito delle follie per far ritorno alla ragione». Tutto sommato, ciò che Benjamin Constant scriveva con riferimento ai regimi politici sembra applicarsi, in maniera anche più immediata, ai comportamenti economici. L' ipotesi invocata da Alain Minc per giustificare la sua posizione è che l' etica di Max Weber venga a rimettere ordine in casa di Joseph Schumpeter - l' uno e l' altro fratelli indissociabili del capitalismo: da un lato il rigore e la rettitudine del protestantesimo, dall' altro il cinismo dell' aspirazione all' arricchimento. L' intuizione di Alain Minc è illuminante; ma a me sembra che le cose siano un po' più complesse. Se si dà retta a Joseph Schumpeter, le crisi non conseguono da una disfunzione della morale, e d' altronde non suscitano un recupero di etica. A dire il vero, non esiste nessuna «saga del capitalismo immorale». Le due versioni della sua storia – quelle di Adam Smith e di Joseph Schumpeter - che costituiscono l' ideologia del sistema, hanno entrambe una conclusione morale. Per il primo, la ricerca egoistica da parte di ciascuno del proprio esclusivo interesse (anche a costo di lavorare sodo) conduce a un miglior risultato per la società nel suo insieme, come sotto l' azione di una benigna mano invisibile. Ma se la morale è salva su scala del sistema, ciò è dovuto al fatto che la concorrenza ha l' effetto di sopprimere tutte le rendite, tutte le posizioni di dominio. Per Schumpeter, la dinamica del sistema risulta dall' attività creativa – cioè dall' innovazione – da parte di coloro che designa come imprenditori, la cui unica motivazione (come per Adam Smith e per Max Weber) è il desiderio di guadagno. Ma nel quadro di un mercato puramente concorrenziale, parlare di innovazione può apparire paradossale, dato che l' introduzione di nuovi prodotti o procedimenti conferisce di fatto al loro inventore una posizione di monopolio. E' anzi la ricerca di questa posizione, e della rendita che ne consegue, a costituire la motivazione primaria dell' imprenditore e a ricompensare i suoi sforzi. Dove non c' è rendita, non c' è innovazione. Ecco perché in tutti i nostri paesi la legge tutela i brevetti degli inventori. Ma che ne è allora della morale, se basta, per così dire, un lampo d' ingegno per poter vivere poi di una rendita prelevata sul lavoro degli altri membri della società? La risposta di Joseph Schumpeter si riassume in una nozione: quella del processo di «distruzione creativa». Nel mondo che ci descrive, la concorrenza è costantemente in atto, e il suo effetto è sempre quello di sopprimere le rendite. Man mano che introducono nuovi prodotti e procedimenti, gli innovatori di oggi distruggono le rendite di monopolio di quelli di ieri e li estromettono dal mercato. La morale è salva, poiché gli utili di un monopolio non sono soltanto la ricompensa degli sforzi passati, ma anche di quelli presenti, nella lotta per rimanere in gara il più a lungo possibile. E c' è motivo per non dubitare che in ogni modo, il loro destino sia quello di scomparire. Il processo è spietato, dato che come in Giano bifronte, unisce indissolubilmente creazione e distruzione. La differenza tra Max Weber e Joseph Schumpeter sta nel fatto che la morale del primo è austera, mentre il secondo presenta una prospettiva dilettevole. Grazie all' intelligenza che presiede tanto alla ricerca scientifica quanto al dinamismo degli imprenditori e al loro gusto del rischio, l' economia e la società vivono in perpetua ebollizione. Alain Minc ha quindi ragione di sottolineare che gli eccessi sono nella natura stessa del capitalismo: nella corsa all' innovazione molti sono infatti i chiamati e pochi gli eletti. Ciascuno dei concorrenti lo sa, come lo sanno i loro finanziatori. Da questo punto di vista, la situazione presente è dunque normale e ricorrente: bisogna pur fare l' inventario dei rottami che un' ondata di innovazioni lascia dietro di sé. Ma chi mai contesta che le nuove tecnologie dell' informazione e della comunicazione rappresentino un progresso reale per l' economia e per la società? Chi mai si augura che la previsione di altre rottamazioni ci induca a rinunciare a percorrere le vie dell' innovazione nel campo delle biotecnologie? C' è sempre una parte di sogno nell' attività umana in campo economico; e questa componente è particolarmente importante quando si tratta di valorizzare le imprese (le quotazioni in borsa), dato che il loro valore dipende dagli sviluppi futuri, e in particolare dalle probabilità di trovare un mercato per una nuova idea. E su questo, nessun modello scientifico consente un vero pronostico: la sorte degli investitori impegnati nella corsa all' innovazione è legata tanto all' intelligenza quanto all' intuizione e alla fortuna. Questa parte ineliminabile di irrazionalità, che contrassegna il gusto del rischio, può essere qualificata in modi diversi: Keynes, preoccupato com' era degli sbalzi d' umore della congiuntura e delle loro possibili conseguenze sulla vita delle persone, parlava di «spirito animalesco» degli imprenditori. Al contrario, Joseph Schumpeter, nella sua visione più a lungo termine, vede nello spirito imprenditoriale il mezzo privilegiato del progresso. In ragione di questa proiezione nel futuro, che è parte integrante della natura stessa dell' atto di investire, l' economia è sempre stata e continua ad essere «d' opinione», come sottolinea Alain Minc. Se si trattasse soltanto di questo, la situazione attuale non dovrebbe suscitare eccessive preoccupazioni. Ma vi è in essa una singolarità dovuta a due elementi i quali, seppure non nuovi, sono però assenti dall' analisi di Joseph Schumpeter: il processo di appropriazione delle rendite e quello di manipolazione dei sogni. Il primo consegue dalla volontà delle imprese di costituirsi, al di là di quanto sarebbe giustificato dall' innovazione, rendite di monopolio, per ottenere le quali la crescita esterna costituisce il mezzo privilegiato. E ciò induce, razionalmente, all' acquisizione di altre aziende a prezzi gonfiati, poiché il possesso di maggiori quote di mercato consente a un' impresa di accrescere il proprio potere monopolistico, e quindi la rendita che ne deriva. Chi controlla il mercato ha la possibilità di bloccare il momento distruttivo del processo schumpeteriano – o in altri termini, di vivere tranquillo riducendo l' intensità della concorrenza. La morale non è più salva, dato che a questo punto la rendita non proviene da nessun tipo di ingegnosità o sforzo innovativo, ma semplicemente dal potere. Ma dato che da ciò non consegue nessun aumento di valore, la gara per il potere è votata al fallimento. Per prendervi parte si è costretti a una corsa al rialzo, e quindi il sovrapprezzo pagato per l' acquisto sale rapidamente, fino a perdere ogni rapporto con la rendita che si può sperare di ottenere. è a questo punto che inizia il processo di manipolazione dei sogni: si tratta di evitare che gli azionisti si rendano conto della sproporzione tra il prezzo e la rendita - o in altri termini, dell' impoverimento dell' impresa - con ogni mezzo possibile, compreso l' inganno. Certo, il Novecento ha conosciuto fallimenti clamorosi e casi di bancarotta fraudolenta; ma la falsificazione dei conti eretta a principio di gestione sembra essere una caratteristica propria dell' inizio di questo secolo. La concorrenza attraverso il potere – cioè la ricerca sfrenata di rendite risultanti non da processi di creazione ma di assorbimento - ha dunque conseguenze economiche e sociali assai diverse da quelle di una concorrenza basata sull' innovazione. Se quest' ultima conduce al progresso, sia pure costellato da crisi, la prima porta all' impoverimento: quello di un numero crescente di azionisti, raggirati sotto l' effetto della «democratizzazione dell' azionariato», come si usa dire oggi! Questo capitalismo non ha il volto avvenente di Joseph Schumpeter, e neppure quello austero di Max Weber. E per risolvere la crisi non basta il buon uso del ministero della parola, e neppure l' intervento di un pubblico psicoterapeuta, come conclude Alain Minc, convinto com' è che i governi abbiano ormai perduto ogni altro potere. C' è bisogno, al contrario, di interventi concreti, in grado di fermare il processo di impoverimento delle società. Ed è questo che in effetti – non dispiaccia all' autore – si sta verificando. Gli «interventi profetici» di Alan Greenspan faranno magari parte di un codice, ma l' abbassamento dei tassi di interesse è una realtà, e quanto concreta! Saranno «codice» anche le «lusinghe dei politici», ma il sollievo della società per effetto dell' aumento della spesa pubblica e degli sgravi fiscali è reale. Infine, provate a chiedere ai manager se credono che le nuove norme, e in particolare il tetto imposto alle loro remunerazioni, siano solo parole al vento. Se c' è una costante nel capitalismo è questa: ogni qualvolta caccia lo Stato dalla porta, crea al tempo stesso ampie vetrate per facilitargli il rientro.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)
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Ultimo aggiornamento:
13-02-2009